Il diritto allo studio è uno dei diritti fondamentali ed inalienabili della persona, sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti umani. Art. 26. Nell’ordinamento italiano il diritto allo studio è un diritto soggettivo che trova il suo fondamento nei comma 3 e 4 dell’art. 34 della Costituzione nei quali si afferma il diritto dei capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi economici, di raggiungere i gradi più alti degli studi nonché il dovere della Repubblica a rendere effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze da attribuire mediante concorso.
Il diritto allo studio si differenzia dal diritto all’istruzione che è il diritto, sancito dai primi due commi dell’art. 34.
Il diritto allo studio riguarda dunque il percorso scolastico successivo all’obbligo e quello universitario, canali di formazione non obbligatori che il cittadino ha libertà di intraprendere e di concludere e che lo Stato deve garantire attraverso l’erogazione di borse di studio a coloro che si dimostrano capaci e meritevoli ma privi di mezzi economici.
Per ogni ragazzo si spenderanno a famiglia mediamente, 530 euro solo per il corredo. Diminuiscono invece le spese per libri e dizionari dove si spenderanno 460 ero circa. (+0,7% rispetto al 2016). Diminuiscono invece le tasse universitarie, ma gli atenei più cari rimangono quelli del Nord Italia. Il costo medio annuo delle tasse universitarie ammonta a 477,00 euro mentre si arriva ad una media di 2.270,00 per quanto riguarda gli importi massimi. Il principale dato che emerge è sicuramente la flessione degli importi medi rispetto al periodo 2015/2016.
Finlmente una buona notizia per le famiglie che già provate dalla crisi economica, potranno ridure almeno in parte lo sforzo economico necessario a sostenere i propri figli nel loro percorso di studi. Resta il fatto tutavia che le rete sono ugulmente alte così come permane il problema dell’evasione fiscale dove il metodo di calcolo degli importi in base al reddito dà luogo ad un vero e proprio paradosso, il figlio di un evasore, paga meno di quello di un operaio, usufruendo di fondi e contributi.